Una battuta di Nanni Moretti nel famoso
Palombella Rossa recita: "le parole sono importanti".
Ma non basta, dico io.
Prendo spunto dalla ormai stranota
vicenda dell'attore Domenico Diele, il quale è ora detenuto con
l'accusa di omicidio stradale aggravato in quanto ha investito e
ucciso pochi giorni fa in provincia di Salerno una donna di 48 anni.
Non è stato il primo episodio del
genere e purtroppo non sarà neanche l'ultimo e di una situazione
molto diversa ma inerente al medesimo argomento ho trattato qualche mese fa,
ma parto da queste vicende per parlare oggi di qualcosa che sento a
me particolarmente vicina.
La sensazione, direi tranquillamente
certezza, che ci sia ormai una diffusissima disaffezione verso leggi,
regole, norme, disposizioni, circolari chiamatele come volete, è
talmente evidente che perfino un cieco (pardon, non vedente) se ne
accorgerebbe.
Chiaro
che non rispettare il codice della strada lo abbiamo appena visto
porta a conseguenze gravissime per se e stessi e per gli altri in
termini di incolumità fisica, ma l'abitudine di cui parlo a voler
(perché ripeto evidente a me è la volontarietà della cosa in
quanto la storiella del non sapevo è vecchia e per questo la legge
non ammette ignoranza) agire contrariamente a quanto regolamentato
per ragioni evidenti è sintomo di qualcosa di grave.
Da sempre si è ritenuto che i
comportamenti umani dovessero essere controllati, non solo
probabilmente perché chi comanda vuole continuare a farlo, un
"istinto umano" su cui si potrebbero scrivere tomi e tomi,
ma perché il vivere insieme ai propri simili lo richiede.
Le Tavole della Legge, i Dieci
Comandamenti o Decalogo, che Dio avrebbe consegnato a Mosè sul Monte
Sinai di cui riferisce l'Antico Testamento, credo che siano nel mondo
cristiano la prima consacrazione dell'importanza del regolare la
convivenza tra uomo e uomo.
La natura ha dei meccanismi automatici
che sopperiscono a questo e sicuramente qualcuno potrebbe obiettare
che la natura però conosce un sistema solo per autoregolarsi, quello
della legge del più forte; in parte è vero ma la differenza
fondamentale che forse sfugge è che il pesce più grande che mangia
quello più piccolo è il criterio o legge scelto nello specifico
dalla natura per regolare la sopravvivenza delle specie.
L'uomo invece, l'altra differenza
altrettanto evidente, è una sola specie.
Si parla tantissimo di integrazione da
qualche anno, razze diverse ma sempre la stessa specie e come specie
non facciamo onore alle altre: cerchiamo sempre ed in ogni modo con i
più meschini o furbi trucchi di sopraffare i nostri simili.
Usando un gioco di parole potrei dire
che nei comportamenti umani c'è qualcosa di disumano, quasi che la
capacità di pensare, l'intelligenza, dovesse essere usata invece che
per produrre che so opere d'arte, realizzare opere ingegneristiche
eccelse, costruire mezzi di trasporto sempre più sicuri o migliorare
le condizioni dell'ambiente che ci circonda (tra pochi anni perfino
l'aria che respireremo sarà finita con buona pace di tutti),
servisse innanzitutto per sopraffare chi non riesce non sa o può
difendersi.
Gli scopi potrebbero essere vari:
guadagno economico in primis, soddisfazione nel dire a qualcuno che
si è più bravi o più forti di lui fa parte del repertorio della
meschinità umana poi e da ultimo forse l'animale che alberga in noi
fin dalla notte dei tempi ha bisogno di essere sciolto ogni tanto.
Credo che questi pochi concetti e
riflessioni, ripeto personali, siano sufficienti a comprendere
atteggiamenti di prevaricazione riscontrabili quotidianamente ovunque,
e i media non fanno altro che tenerci ben informati e fornirci spunti
continui.
Ho detto ovunque perché diversamente
da altre volte in cui ho criticato episodi tipicamente "italiani"
la cronaca ci riporta notizie da ogni parte del mondo come scontri
tra opposte tifoserie (ma lo sport non era un gioco?), incidenti
stradali per la velocità eccessiva (siamo uomini o piloti?), omicidi
causati da tentativi di furto o peggio, incendi dolosi che spesso
nascondono secondi fini e chi più ne ha.
Altre volte invece la "ribellione"
viene giustificata, sempre nella mente di chi la attua è chiaro, da
una presunta ingiustizia da parte di colui che lo "costringe"
ad un qualcosa, mi riferisco alle famigerate imposte o al codice
della strada: le tasse sono troppo alte (concetto peraltro che potrei
anche condividere in linea di massima...) oppure che sarà mai una
telefonatina rispondo un momento, tanto sto attento comunque.
E invece no, perché il meccanismo
subdolo in cui si cade è di tipo psicologico, nel senso che attivato quello poi si ripete e ogni volta ci si sente sempre più
legittimati nel rifarlo.
Lo stato delle cose è questo, e ripeto
servisse ancora il mio disagio è forte perché sono convinto che
regole ben studiate, e ce ne sono già, se rispettate capite e
condivise da tutti basterebbero a renderci la vita quotidiana molto
più semplice e sicura, infatti il paradosso è proprio questo: sono
certo che seguire tutti un modello di vita del genere non ci
renderebbe affatto degli automi senza testa non pensanti ma
esattamente il contrario: ci permetterebbe di dedicarci a tutte le
nostre passioni fino in fondo senza rischiare di finire magari
investiti da qualcuno che pensa di poter parlare al telefono e
contemporaneamente guidare a centocinquanta chilometri orari.
#bisognapensare.