lunedì 3 dicembre 2018

IL CASO DI FREDY PACINI. LETTERA APERTA A MASSIMO GRAMELLINI

Egregio dottor Gramellini le scrivo perché la stima che ho per lei è davvero altissima, sono sincero mi creda. Da anni la seguo e sono abituato a condividere le sue parole scritte e quelle parlate, ed è proprio per questo che mi permetto di inviarLe questo mio pensiero oggi. 
Ho apprezzato al solito quello che ho visto sabato sera nel programma che conduce su RAI tre, se non fosse che il finale che Lei ha voluto dare alla puntata mi ha fatto un tantino riflettere.
È sacrosanto affermare che non si può pensare di difendersi da sé quando c'è un potere costituito preposto a tale scopo. Sarebbe un errore tremendo prenderne il posto anche per un momento, e su questo siamo come logica comune vuole perfettamente d'accordo. 
Ed è qui dottor Gramellini che entro, mi passi la definizione mutuata dallo sport nazionale, a gamba tesa. Il signor Fredy Pacini, anche se scopro non aver subìto una quarantina di furti ma un numero decisamente inferiore, ha fatto quello che il più profondo istinto di conservazione insito nell'animo di ogni essere vivente, non solo nell'uomo, spinge a fare: difendersi.
Difendersi, si. 
Perché dopo che quel potere costituito che avrebbe dovuto difenderlo ha evidentemente mancato il suo compito, e non sto a divagare sui possibili innumerevoli motivi, il signor Pacini ha deciso di trasferirsi a vivere nella sua attività commerciale, nel tentativo di fare da deterrente a dei ladri di biciclette. 
Qual'è il limite dottore, fin dove può arrivare l'umana sopportazione? Un uomo che rinuncia ad una vita sociale normale e anche probabilmente una vita familiare tradizionale per assumersi il compito che qualcuno deve per legge e convenzione sociale avere, ecco questa sarebbe la vera colpa del signor Fredy?
E allora, sempre nel massimo rispetto della Sua opinione e di quanti come Lei, dottor Gramellini posso accettare certo il concetto in assoluto che errore enorme è farsi giustizia da sé, ma non posso accettare che quando una giustizia che lo stato CI DEVE non c'è una persona debba rinunciare a difendere se stesso, il proprio lavoro o attività, ma soprattutto rinunciare ad una vita normale a cui come me e come Lei ha tutto il diritto. 
La ringrazio per il tempo che perderà nel leggere questo mio sfogo, confermando la mia stima e il mio rispetto per lei e il modo notevole in cui svolge la sua professione.

Paolo Imperatori, Roma.

2 commenti:

  1. Complimenti per la diplomazia che ormai se c'e' e' diventata purtroppo ma neanche tanto merce preziosa.

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