Diversi mesi fa ho
dedicato due articoli a quella che allora definivo "disavventura
giudiziaria" e "incubo" per una famiglia di Ostia a
Roma proprietaria da oltre dieci anni di una onesta e avviata attività
commerciale, che si è vista letteralmente privare da un giorno
all'altro del proprio lavoro per delle ragioni che di seguito ricordo
e scrivo per chi non sapesse.
La famiglia dei
Pollari a
Ostia è stimata e apprezzata da tutti quanti, e sono molti, la
conoscano per le persone che sono e per il lavoro che fanno: titolari
del “Forno di Ostia”
da oltre dieci anni si sono visti sottoposti ad un provvedimento di
sequestro preventivo
da parte della Guardia di Finanza dei tre locali e dell'attività che
svolgevano.Le ragioni addotte dal
giudice che ha emesso nel giugno 2016 l'ordinanza sono semplici ma
deleterie per i Pollari: uno dei tre locali che ho detto, da loro
regolarmente affittato, è di proprietà della famiglia Fasciani che
per varie ragioni è sotto indagine giudiziaria, per cui dice la
Legge il tribunale può “togliere” l'attività ai legittimi
proprietari (solamente faccio notare perché uno dei tre negozi non è
il loro ma affittato appunto dai Fasciani) e affidarla
temporaneamente ad altri. Nel caso specifico ad un commercialista e
ad alcuni suoi collaboratori incaricati di “sostituire per il tempo
delle indagini” i Pollari.
Non sto qui a
spiegare, ma dovrei forse, che un mestiere può essere svolto bene
solamente da chi ha esperienza in quel campo e quindi purtroppo oltre
all'inganno anche la beffa, perché come ci dice Stefano
Pollari,
amministratore della società e figlio del titolare, nei mesi a
seguire il risultato di una “gestione malandata” del forno ha
fatto si che questo sia ormai in condizioni economiche precarie.
“L'unica
consolazione dice ancora Stefano è che le persone che ci conoscono
esprimono il loro conforto dicendoci che da quando non ci siamo più
noi va tutto diversamente e che aspettano solo il nostro ritorno al
timone della società”.
Stefano Pollari
Ho brevemente ricordato e
spiegato l'antefatto perché è di qualche giorno fa la notizia che
diversamente da quanto la legge stessa dispone, cioè che in un tempo
massimo di diciotto mesi
il sequestro preventivo si
deve risolvere e quindi non oltre dicembre prossimo, il giudice che
si occupa di questa vicenda ha disposto un rinvio a fine febbraio
2018 (completamente inaspettato questo, infatti chi gestisce
temporaneamente il forno si aspettava di dover riconsegnare tutto e
negli ultimi tempi aveva persino smesso di acquistare le materie
prime).
Probabilmente in quanto
non avendo fino ad oggi ottenuto nulla di consistente nei confronti
degli indagati, che ricordo sempre non sono i Pollari, si pensa di
poter avere da un supplemento d'indagine prove rilevanti.
E in tutto ciò ancora a
pagare in prima persona sono i Pollari che essendo “terzi in causa”
non possono addurre motivazioni o eccezioni di nessun genere e ai
quali ad oggi rimane da sperare solamente una sentenza in cassazione
prevista per il 28 ottobre nei confronti degli indagati, che se
positiva con probabilità libererebbe Stefano e famiglia da questo
assurdo e ingiusto procedimento giudiziario.
Le parole scritte o dette
sono finite, credo che anche un cieco si renderebbe conto che certi
procedimenti perfettamente legali siano profondamente sbagliati nella
sostanza e forse anche nella forma, con tutte le conseguenze del
caso.
Fare appello ai giudici o
a chi amministra in altri modi la legge non servirebbe adesso che il
danno è fatto, lo faccio invece al buon senso di tutti noi perché
chi scrive le leggi e chi le applica sono “uomini” come noi e
quando si prendono certe decisioni o si scrivono leggi prima che
pensare da magistrati bisognerebbe pensare da “uomini”.
Ancora auguri di tornare
alla loro vita alla famiglia dei Pollari perché sono convinto che
alla fine tardi forse per fortuna ma non troppo, in questo caso e in
mille altri simili c'è una giustizia che vince sempre.
Non quella scritta per
fortuna.
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