venerdì 24 febbraio 2017

STATO E CITTADINO - I DUE VOLTI (SBAGLIATI) DELLA GIUSTIZIA Si arriva ad uccidere per vendetta, ma anche per altro?


Avrete letto tutti o ascoltato la notizia in tv. Lui Fabio Di Lello, 34 anni calciatore semiprofessionista di Vasto (Chieti) di professione panettiere, lei Roberta Smargiassi la moglie morta in un brutto incidente stradale lo scorso primo luglio e infine Italo D'Elisa 22 anni che ha causato la morte improvvisa di Roberta investendola all'incrocio tra V.le Mazzini e Corso Giulio Cesare a Vasto.
Le cause e la dinamica dell'incidente forse non sono realmente importanti come in altri casi per cercare di capire esattamente come sono andate le cose quella sera del primo luglio, o meglio ovviamente lo saranno per la legge e le indagini ma quello che ritengo fare la differenza rispetto a episodi simili che da parecchi anni ritroviamo nella cronaca quotidiana è quello che succede attraverso i mesi dalla data che ha cambiato per sempre le vite di alcune famiglie.
Il guidatore dell'auto Italo D'Elisa, non aveva assunto sostanze stupefacenti o alcolici e soprattutto la velocità a cui procedeva era di poco superiore ai 50 chilometri orari, anche se passando col semaforo rosso ha causato l'impatto con la conseguente caduta dalla moto di Roberta Smargiassi e la quasi immediata morte della donna. Si deve dare anche atto al D'Elisa di essersi fermato e prestato soccorso.
Il marito Fabio Di Lello come logico dopo la perdita della moglie, sposata dal recente 2015, non riesce a darsi pace; possiamo solo cercare di immaginare il dolore e la ricerca disperata di una spiegazione dell'accaduto, ragione che nessuno riuscirebbe mai a trovare con l'aiuto di parenti e amici e forse neanche con quello della religione. Un mondo che all'improvviso da bianco diventa nero, impossibile da affrontare, organizza così marce, affigge striscioni, tappezza tutta Vasto di volantini in cui chiede giustizia per Roberta.
Ma non basta, non può bastare. Il dolore si trasforma in rabbia sempre più giorno dopo giorno, e il desiderio di giustizia sicuramente riposto con fiducia nelle istituzioni viene a mancare del tutto quando si rende conto che, a fine 2016, la decisione della procura è il rinvio a giudizio di Italo D'Elisa per omicidio stradale ma non in un arresto di quest'ultimo, non ci sono le condizioni d'altronde.
Ecco qui c'è stato il cambiamento, è scattato un meccanismo nella testa di un uomo normalissimo che lo ha portato a compiere e probabilmente a premeditare l'azione peggiore che si possa decidere di attuare nei confronti di un'altra persona: ucciderla. 
Prende la sua calibro nove, aspetta che Italo D'Elisa esca dal bar di Vasto dove si trovava e lo ammazza con tre colpi al petto. Si ipotizza che alla base del gesto ci possa essere stato anche un condizionamento dovuto ai centinaia di commenti sui social, che avrebbero spinto Di Lello verso una soluzione definitiva, ma non possiamo saperlo.... Ipotesi questa che dovrebbe far riflettere molto sul lato meno "social" della forma di comunicazione maggiormente utilizzata per confrontarsi quotidianamente con gli altri sul web e cioè se sia possibile, chiaramente in condizioni estreme come quelle di questo caso, che si possa addirittura andare contro la propria natura e compiere azioni estreme perché condizionati da quello che si legge sullo schermo di un pc o di uno smartphone.
Adesso vorrei riflettere però su due altri aspetti tra loro però legati a filo molto stretto e cioè il primo che riguarda il senso di giustizia che, al pari di altri, tutti sviluppiamo da giovane età e il secondo il nostro personale concetto di giustizia che deleghiamo alle Leggi dello Stato.
E' evidente che l'esito di una decisione, decisione che immaginiamo sia stata accolta malissimo, nei confronti di chi ha causato la morte della moglie abbia fatto andare "fuori di testa" Di Lello, perché il suo personale senso di giustizia avrebbe voluto ben altro epilogo, ma c'è anche una ipotesi da non scartare e cioè che sia stata proprio l'attesa di mesi a portare all'epilogo che conosciamo. I tempi della giustizia, lo sappiamo bene purtroppo, sono quello che sono e non ho intenzione di criticare l'apparato giudiziario io qui oggi, ma forse e dico forse se situazioni simili si potessero risolvere prima non staremmo a parlare di storie tanto tristi.
In confronto ad altri episodi di incidenti stradali forse questo è il "meno grave" dal punto di vista della dinamica, come ho descritto la più importante delle infrazioni contestate a Italo D'Elisa è l'attraversamento di un incrocio con semaforo rosso, ma l'epilogo mette un senso di disagio, di impotenza, di vuoto perché sicuramente tutte le variabili che ho cercato di descrivere sommate tra loro hanno giocato tanto male da rovinare per sempre le vite di tre persone.


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